giovedì 12 febbraio 2009
Erwin Piscator
Ciò che egli propone è il teatro politico: è mezzo di trasformazione dell’uomo e della società. Esso ha sempre contenuti sociali e politici, il linguaggio utilizzato è semplice, chiaro, diretto, non ricercato, proprio perché rivolto alla classe operaia, ed è svolto in mezzo alla gente.
È strumento di lotta di una classe sociale, per comprendere la situazione in cui si trova e per dargli degli strumenti necessari per reagire e acquistare una propria identità culturale. Il teatro, perciò, assume una funzione formativa sociale, politica, educativa, nei confronti della classe
sociale più disagiata.
Nel teatro politico, c’è la necessità di uno scambio, di un dialogo continuo, di un rapporto tra chi opera nel teatro e tra coloro a cui è rivolto. Nasce così un senso di responsabilizzazione collettiva verso tale incontro dialettico, che ha come fine la costruzione di una cultura nuova. Il teatro non deve coinvolgere da un punto di vista sentimentale, ma deve essere critico razionale, per dare gli strumenti per capire la società in cui ci si trova e saper reagire.
mercoledì 11 febbraio 2009
Che altro ci dice la Lacis?
La Lacis non si oppone alla rappresentazione finale, purchè siano i suoi allievi a chiederla. Non deve essere data per scontata e deve avere una finalità: sono i bambini a voler raccontare e far vedere la loro storia agli altri..è un collettivo che si allarga..
Nel suo metodo educativo da importanza oltre che al gioco di cui vi ho già parlato, all'educazione dei sensi: i bambini imparano e sperimentano attraverso la pittura, la ginnastica, l'improvvisazione e il costruire con le proprie mani.
Dà inoltre grande importanza all'osservazione: impara il maestro osservando i bambini e da quello che vede può capire come strutturare le attività in modo pertinente per gli allievi; imparano i bambini osservando il comportamento dei loro coetanei; imparano a lasciarsi coinvolgere dalla poesia della natura osservandola lungo camminate all'aria aperta..
Il teatro diventa una nuova possibilità di esprimersi che permette di avere un interlocutore che ascolta; dà un'occupazione giornaliera, un gruppo di appartenenza e delle regole positive e costruttive.
L'arte diventa lo strumento attraverso il quale uscire dal disagio, attivando le proprie potenzialità, è un modo di interessarsi e occuparsi seriamente di qualcosa.
lunedì 2 febbraio 2009
Asia Lacis
Asia Lacis (1891-1979) utilizza il teatro come metodo di riabilitazione, come recupero sociale di quei bambini che sono orfani, abbandonati, e analfabeti. Di quei bambini che sono ospitati negli orfanotrofi, o di quelli che trovano, per sopravvivere in strada, la soluzione nella criminalità.
Come per Makarenko, per la Lacis il Comunismo è fonte di quei valori a cui educare i propri ragazzi. E il teatro diventa un'esperienza sociale che per i bambini passa dall'attività ludica all'ambito lavorativo.
Il gioco è mezzo di sviluppo della creatività; è il primo mezzo di apprendimento di regole sociali. La mediazione di queste regole avviene a volte anche attraverso il conflitto, ma pur sempre attraverso un incontro.
E' sperimentazione delle regole del vivere nella società “degli adulti”.
Il bambino impara ad avere un ruolo attivo per poter affrontare le controversie, impara a “fare da solo” in una crescita delle motivazioni intrinseche e per sviluppare la propria individualità. Ma ad uno sviluppo individuale, corrisponde uno sviluppo collettivo, all'interno di una comunità in cui regna la collaborazione, la fiducia, il senso di responsabilità, il sostegno reciproco, complicità...
mercoledì 7 gennaio 2009
Makarenko
Anton Semenovic Makarenko nasce nel 1888 in Ucraina. Si diploma come maestro, durante la guerra civile del 1917 e in seguito si dedica al recupero dei ragazzi abbandonati e delinquenti minorili. Fonda la prima colonia Gor’kij in cui inizia la sua esperienza di pedagogista ed educatore sovietico, basandosi su il senso del dovere e su una disciplina militaresca.
Il suo pensiero si basa sull’ideologia marxista-leninista presente in Unione Sovietica dopo il 1917, anno della rivoluzione sovietica.
Lo scopo dell’educazione di Makarenko è quello di creare “l’uomo nuovo”; un individuo al servizio della politica e della società comunista in cui individualismo e collettivo devono coincidere tra loro. (ecco perché viene chiamata anti-pedagogia).
L’uomo può dare risultati positivi dal proprio lavoro solo se educato politicamente e moralmente alla partecipazione della vita sociale e politica. La nascita e la crescita del collettivo è in stretta relazione con la formazione delle singole personalità che lo costituiscono, e viceversa. Un collettivo è legato insieme dal lavoro, da amicizia, dalla vita e dall’ideologia in comune ed è formato da ragazzi di diversa età che insieme si educano, il più piccolo impara dal più grande e viceversa.
venerdì 12 dicembre 2008
Stanislavskij
Konstantin Sergeevic Stanislavskij.. che dirvi di lui?!?
E' un regista e pedagogo, insegnante d' arte attorica russo, vissuto tra il 1863 e il 1938.
Credo che la cosa più importante, e che può interessare al campo educativo, sia il suo metodo per la formazione dell'attore, basato sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di possibili identità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore.
Il regista russo pone le basi del lavoro dell'attore sul personaggio, attraverso un procedimento contrassegnato dal momento della conoscenza, della reviviscenza, della personificazione.
- L'attore deve capire quali sono le “circostanze date”, ovvero dal testo scritto deve estrapolare e deve costruirsi mentalmente lo spazio fisico in cui si svolge l'azione. Deve capire il personaggio e le sue caratteristiche. Questo è un lavoro in continua collaborazione con il regista e con gli altri attori, e questo è uno dei primi elementi importanti del lavoro stanislavskijano: si deve instaurare una forte sintonia di gruppo, grande complicità, sostegno reciproco che elimina la competizione, insomma tutto ciò che può trasformare la compagnia teatrale in una vera e propria comunità.
- Inoltre l'attore deve farsi un domanda fondamentale: “Come reagirei se mi trovassi nella stessa situazione del personaggio?”(“se magico”: se io fossi..). Deve lavorare richiamando alla memoria quell'episodio analogo e immedesimarsi, calandosi con parole e gesti nelle emozioni, nelle passioni, nei sentimenti del personaggio, senza fingere, ma vivendole veramente.
- Alla fine accadrà qualcosa che lo spettatore non riuscirà a percepire, cioè la compenetrazione delle due vite, quella del personaggio, e quella dell'attore. Ciò comporta un grande lavoro sul proprio io, sulla propria persona, arricchendola (autobiografia, auto-conoscenza).
giovedì 27 novembre 2008
iniziativa
INVITA
insegnanti, genitori, studenti e cittadini a partecipare a
IN CERTI FUTURI
TEATRO FORUM
sulla riforma della scuola
GIOVEDI 27 NOVEMBRE ORE 20:45
Presso il Teatro delle Maddalene
in via Giovanni da Verdara 38 – Padova
(ingresso gratuito)
precario che ama il suo lavoro, giovani che si interrogano sul futuro che
offre la nuova scuola che nascerà con la riforma, insegnanti di ruolo
critici o disinteressati, padri che pensano che una scuola vada gestita
come un’azienda: queste sono le persone che abbiamo incontrato nelle
piazze a manifestare e per le strade a criticare; questi, e molti altri
ancora, sono i personaggi che potrete incontrare in questo Teatro Forum
e con i quali potrete dialogare e confrontarvi.
Ah, intanto venite, poi più avanti vi dirò qualcosa di più specifico riguardo il teatro dell'oppresso..
Ciao a tutti..
lunedì 24 novembre 2008
La pedagogia dell'attore
Beh, vari sono i sistemi che nel corso del 900 vengono utilizzati per formare l'attore, e tutti tengono conto per prima cosa della maturazione della persona. L'attore se vuole divenire bravo nel suo mestiere, deve crescere prima interiormente, spiritualmente.
Ciò comunque non basta, ma anche nel gruppo degli attori vi devono essere determinate condizioni che favoriscano la maturazione della persona, come l'eliminazione della competitività e come l'instaurarsi di un rapporto di stima e fiducia reciproco, che mirano alla crescita stessa del gruppo.
E in tutto ciò è fondamentale la figura del maestro.
Avete mai sentito parlare di Francois Delsarte (1811-1871)?
Egli delinea la figura del maestro, il quale dovrebbe avere un rapporto diretto e personale con l'allievo; tanto deve essere diretto, che rifiuta anche un rapporto mediato dalla scrittura. Definisce un testo come "natura morta", perchè essendo scritto, non può essere cambiato. Lo scopo del mestro, per Lui, è quello di insegnare, sì, il mestiere dell'attore, ma il vero scopo è quello di far avvicinare l'allievo all'armonia, alla grazia, alla sensibilità dell'anima, alla sapienza.
E' formarlo, farlo crescere come persona.